Niñez migrante

Minori in fuga dalla violenza #4

rutadelmigrante_ph_eduardosoteras_5 Tre decenni dopo i disordini politici e le guerre civili che avevano  infiammato il Centro America durante gli anni ’80 causando un’ondata di rifugiati in fuga dalla violenza, lo sfollamento forzato continua ad essere un fenomeno onnipresente in tutta la regione, dove la violenza del crimine organizzato sta causando lo spostamento di migliaia di persone sia all’interno che verso i paesi limitrofi. A partire dal 2009, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha registrato un numero crescente di richiedenti asilo provenienti soprattutto dal Triangolo Nord (El Salvador, Guatemala, Honduras): nel solo 2012, negli Stati Uniti, l’incremento è stato dell’82%, mentre Messico, Panama, Nicaragua, Costa Rica e Belize hanno registrato un aumento del 435%.

Il contesto salvadoregno è paradigmatico di quello che sta succedendo nell’area. Secondo i dati resi noti quest’anno dall’Università Centroamericana “José Simoen Cañas”, tra il 1990 e il 2013 nel paese sono state assassinate circa 73.000 persone, cifra che si avvicina drammaticamente al numero di morti stimato durante la guerra civile (80.000), mentre il numero di morti violente (39.7 per ogni 100.000 abitanti) rappresenta più di 6 volte la media mondiale. Ma il numero di morti potrebbe essere ancora più alto. La pratica adottata soprattutto negli ultimi anni dai gruppi del crimine organizzato e dalle “pandillas” di smembrare i corpi delle loro vittime e seppellirle in fosse comuni nascoste e cimiteri clandestini ne rende particolarmente difficile il ritrovamento, occultando probabilmente il numero reale di omicidi commessi nel paese. Non solo. I dati mostrano che fenomeni come la sparizione forzata, le aggressioni sessuali, le lesioni, le minacce, la violenza familiare e le estorsioni continuano a toccare un segmento importante della popolazione, e in particolare i settori più svantaggiati. E a farne le spese, come al solito, sono soprattutto i minori.

A partire dal 2011 il governo nordamericano ha denunciato un incremento drammatico di minori non accompagnati o separati entrati nel paese e provenienti soprattutto da El Salvador, Guatemala e Honduras, il cui numero, secondo i dati forniti dalle autorità di frontiera, è passato da 4.059 nel 2011 a circa 40.000 nel primo semestre del 2014. Secondo una ricerca condotta da UNHCR nel 2013, il 72% dei minori salvadoregni fugge da gruppi criminali armati e il 21% da abusi familiari. Sul totale, il 15% fugge da entrambi.

Mario, un ragazzino salvadoregno di 17 anni, racconta: “Sono saltati fuori all’improvviso un giorno mentre andavo a scuola. Mi hanno detto che se non mi fossi unito alla loro banda mi avrebbero ucciso. Ho molti amici che sono stati uccisi o sono scomparsi perché si sono rifiutati di unirsi alle pandillas. Gli ho detto di no: la loro vita è solo morte e prigione e io non voglio vivere così. Io voglio un futuro. Voglio continuare a studiare e trovarmi un lavoro. Non voglio che mia madre soffra come soffrono le loro madri. Più gli dicevo che non volevo unirmi a loro e più mi minacciavano. Mi hanno picchiato cinque volte. Il dolore era così forte che non riuscivo nemmeno ad alzarmi. Hanno ucciso un mio caro amico perché anche lui si è rifiutato di diventare un pandillero, e il suo corpo è stato ritrovato dopo tre mesi. Allora sono andato alla polizia a denunciarli e loro mi hanno assicurato che mi avrebbero aiutato. Quando mi sono reso conto che non avrebbero fatto nulla, ho capito che era arrivato il momento di partire”.

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